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Da leggere: L’Iran e la bomba – I futuri assetti del Medio Oriente e la competizione globale di Giorgio S. Frankel
L’Iran e la bomba di Giorgio S. Frankel
Collana Samizdat, DeriveApprodi 2010, pag 139, prezzo 12 euro
l iran e la bomba flyer promozionale
Indice
Introduzione
L’atomica più lenta della Storia
Israele: analisi sobrie, slogan iperbolici, nessun dibattito
Iran: irrazionale, fanatico, espansionista o no?
Dopo l’Iraq (2003): pressioni per un attacco «preventivo»
Ha detto davvero «Cancellare Israele dalla faccia della Terra»?
Finti scoop, intrighi di intelligence, dezinformatsia
Dopo il 2003 il mondo è cambiato
Aspettando la bomba
Una scena strategica affollata: Iran, Israele, Stati Uniti
Iran: problemi strategici e vulnerabilità
Israele: la supremazia nucleare e la strategia della tensione perpetua
Stati Uniti: l’obiettivo è il controllo strategico del Golfo e del suo petrolio
Paesi arabi: niente guerra all’Iran
Iran e questione palestinese: che cosa viene prima?
Il ritorno della Turchia come potenza mediorientale
L’Europa emarginata
La Russia: partner dell’Iran, ma poco margine d’azione
Cina: grandi interessi strategici in Iran
La «lunga guerra» globale e l’Iran
Lo «spettacolino» di Gaza, il Petraeus Briefing e i contrasti Stati Uniti-Israele
Declino dell’opzione militare contro l’Iran?
Le passate grandi ambizioni neocon: «ristrutturare» il Medio Oriente
Se l’Iran avrà l’atomica: equilibrio o catastrofe?
Ahmadinejad distruggerà il mondo il 22 agosto (del 2006)
Una questione (discutibile) di asimmetria
Discorsi già sentiti per altri e in altri tempi, e già negli anni Quaranta
Un duello atomico tra Iran e Israele
Per l’Iran, molti problemi di sicurezza strategica
L’opzione nucleare
Una possibile strategia nucleare per l’Iran: minacciare il petrolio
La bomba iraniana e la geopolitica
Israele, la bomba e la deterrenza globale
Una potenza nucleare formidabile
L’opzione nucleare: un elemento cardine della strategia di Israele
Israele, l’atomica e il petrolio mediorientale
Da circa vent’anni gli Stati Uniti e parte delle potenze occidentali affermano che «l’Iran è prossimo ad avere armi atomiche e che è ormai solo una questione di pochi anni». Questi «pochi anni» sono generalmente cinque, ma i tempi previsti variano a seconda delle circostanze, mentre la data fatidica dell’ingresso dell’Iran nel club delle potenze nucleari viene via via spostata in avanti. A cosa risponde questa retorica a fronte della centralità della questione iraniana nello scacchiere politico mediorientale? Qual’è il ruolo giocato dall’altra potenza atomica regionale, ovvero Israele?
Attraverso un’analisi geopolitica che passa al vaglio tanto gli appetiti occidentali per le risorse di gas e petrolio iraniane quanto la specifica collocazione dell’Iran a cavallo tra la sfera d’influenza cinese e quella russa, Frankel prova ad approfondire la questione dell’«atomica iraniana» scardinando ciò che lui stesso definisce una retorica di «propaganda». Gli scenari possibili sono infatti diversi e complessi: dall’apertura di un nuovo fronte militare oltre a quello afghano e iracheno all’introduzione di un possibile equilibrio del terrore basato sulla deterrenza.
Un testo breve ma di grande lucidità, utile a capire la posta in gioco di un possibile e imminente conflitto bellico.
DAL TESTO – “Il vero problema, per Israele, sarà la perdita del monopolio nucleare nel Medio Oriente, con tutto quello che ciò comporta in termini politici e strategici, compreso un netto ridimensionamento dell’immagine di invincibilità di cui ha sin qui goduto. Tuttavia, la superiorità militare di Israele, il suo deterrente nucleare e l’ipotetica Opzione Sansone riducono di molto la verosimiglianza di uno scenario in cui, grazie all’«ombrello atomico» iraniano, si potranno mettere in atto strategie convenzionali e di guerriglia tali da comportare, per Israele, reali «minacce esistenziali». Ciò che invece Israele può temere, e probabilmente teme da molti anni, è che gli Stati Uniti, non potendo distruggere il regime iraniano, concludano con esso un accordo di stabilizzazione e riconoscano all’Iran lo status di potenza regionale e di interlocutore chiave per i futuri assetti del Medio Oriente. In cambio, l’Iran potrebbe rinunciare alle armi atomiche forse prima ancora di averle veramente, pur mantenendo e sviluppando il suo know-how nucleare. Ciò comporterebbe un notevole ridimensionamento del potere strategico di Israele nel Medio Oriente e della sua influenza a Washington. Secondo alcuni autori, questo è quanto Israele teme e cerca di impedire sin dalla fine della Guerra Fredda”.
Dal retro di copertina
In pochi anni i rapporti di forza a livello globale sono molto cambiati. E con essi il Medio Oriente, come si vede col rapido avanzare degli interessi della Cina nel Golfo Persico, le modernizzazioni della regione, il nuovo ruolo della Turchia, il dinamismo degli emirati del Golfo… Nel Medio Oriente esteso si gioca una partita decisiva per il futuro ordine mondiale e per definire i confini tra il potere asiatico che avanza e quello americano che retrocede. L’Iran è certamente un settore chiave di questa competizione globale. Soprattutto in virtù del suo ruolo economico (per le grandi riserve di idrocarburi) e della sua particolare collocazione geo-politica nella prospettiva dell’affermarsi dell’Asia come futuro, nuovo baricentro del potere mondiale. Solo partendo da questo dato è possibile leggere la questione dell’atomica iraniana, che da oltre vent’anni viene indicata dai paesi occidentali (e dai rispettivi organi di propaganda) come un imminente pericolo. A cosa risponde questa retorica a fronte della centralità della questione iraniana nello scacchiere politico mediorientale? Qual è il ruolo giocato dall’altra potenza atomica regionale, ovvero Israele?
Giorgio S. Frankel, analista di questioni internazionali e giornalista professionista indipendente, si occupa di Medio Oriente e Golfo Persico dall’inizio degli anni Settanta. Negli ultimi anni ha scritto anche di Asia centrale, di politiche petrolifere internazionali e di industria aerospaziale. In passato ha seguito a lungo i problemi strategici Est-Ovest, le questioni del Sudafrica e dell’Africa australe, oltre che della Turchia. Collabora a «Il Sole 24 Ore», al «Corriere del Ticino» e ad altri periodici, tra cui «Il Mulino» e «Affari Esteri». È docente al «Master in Intelligence» dell’Università della Calabria e ha insegnato in varie edizioni del «Master in Peacekeeping» dell’Università di Torino.
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Pubblicato: 11 ottobre 2011 / 23:16
Categoria: Da leggere
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