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La prefazione all’edizione italiana de Il muro di ferro – Israele e il mondo arabo di Avi Shlaim

Il muro di ferro di Avi Shlaim Prefazione all’edizione italiana il Ponte 2003

 Il muro di ferro – Israele e il mondo arabo di Avi Shlaim, il Ponte 2003

Prefazione all’ edizione italiana

È un onore e un piacere introdurre il mio libro, Il muro di ferro – Israele e il mondo arabo, al lettore italiano, Quest’opera è uno studio dettagliato della politica d’Israele nei confronti dei suoi vicini arabi nei primi cinquant’anni d’indipendenza, dal 1948 al 1998. L’epilogo di questo volume termina con una nota di ottimismo in seguito alla vittoria di Ehud Barak, il leader del Partito Laburista, sul suo avversario del Likud, Binyamin Netanyahu, nelle elezioni del maggio 1996. In quel momento fui spinto a descrivere i risultati elettorali come “l’alba dopo tre anni cupi e terribili nei quali Israele è stato guidato dai tradizionali sostenitori del muro di ferro”.

Come la grande maggioranza dei liberal israeliani, avevo riposto le mie speranze di un ampio accordo di pace nel Medio Oriente in Ehud Barak, il discepolo di Yitzhak Rabin, colui che ha sacrificato la vita nella battaglia per la pace. Barak, però, ha infranto velocemente tutte le speranze che erano state riposte in lui dai suoi connazionali che desideravano sinceramente la pace. Nel breve spazio di venti mesi, la carriera politica del leader che aveva suscitato così tante speranze è andata in fumo. Nella prefazione all’edizione paperback, ho fornito un breve aggiornamento dei principali sviluppi nelle relazioni arabo-israeliane fino al settembre 1999.

In questa introduzione posso solamente dare un conciso aggiornamento sui rapporti d’Israele coi palestinesi nel corso dell’ultima oscillazione del pendolo politico da sinistra a destra. Il 6 febbraio 2001, Ariel Sharon, il leader del Likud, ha vinto la battaglia decisiva contro Ehud Barak nell’elezione diretta a primo ministro. Stava per cominciare un nuovo capitolo nella storia del conflitto tra palestinesi e israeliani.

Durante la campagna elettorale Ariel Sharon, un feroce falco ha tentato di proporsi come uomo di pace. Sullo sfondo dell’intifada di al-Aqsa, che egli stesso aveva contribuito a scatenare con la sua provocatoria visita a Haram al-Sharif (Tempio della Montagna), Sharon si è presentato con sicurezza come il candidato a favore della pace Nel primo anno del suo mandato Sharon non è riuscito a raggiungere né la pace né la sicurezza. ma solo una costante escalation della violenza. Nel suo secondo anno si è rivelato ancora una volta come l’uomo che concepisce la forza militare come unico strumento politico e il campione delle soluzioni violente.

Segue in Il muro di ferro di Avi Shlaim Prefazione all’edizione italiana il Ponte 2003

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